COMDATA ASSEDIATA

E’ stato un grande successo lo sciopero  e i presidi organizzati ieri dai lavoratori e dalle lavoratrici della sede torinese di Comdata Spa. Percentuali “bulgare” di adesione (sono rimasti dentro solo i ragazzi interinali e qulche crumiro), linee telefoniche “chiuse” per assenza di operatori e “assedio” rumoroso, festoso ma anche determinato sotto i locali aziendali in via Carlo Alberto dove, sia al mattino, sia al pomeriggio, è stato bloccato il traffico.

Le prime due ore di un pacchetto di 8 ore complessive votato in assemblea, con il quale sostanzialmente si annuncia che ” la misura è colma” e che, dopo essere stati/e presi/e in giro dall’azienda sul premio di risultato, sugli scatti al 4° livello di inquadramento, sulle stabilizzazioni dei precari, lavoratori e lavoratrici non ci stanno a subire pressioni indebite sulla mutua (o sulla maternità per le operatrici mamme) con la subdola accusa di “assenteismo”, provvedimenti disciplinari per le motivazioni più fantasiose, tagli alle ferie natalizie, mancate concessioni di permessi senza motivazioni valide e trasparenti, abolizione delle matrici-turni a scorrimento (che permettevano loro di programmarsi turni e vita all’infinito), diminuzione della durata delle pause 626 o loro spostamento a fine turno… Insomma un attacco non solo alle condizioni di lavoro, ma anche alla possibilità di avere una vita fuori dalle 4 mura aziendali! Il settore dei call-center in outsourcing (ma lo stesso sta accadendo anche a quelli “in house”) è da sempre ricattato, in mano a finanzieri senza scrupoli per i quali i/le dipendenti sono solo numerini da incasellare per arrivare ad avere un bilancio col segno “+”. Da sempre li ricattano con la minaccia di chiudere e delocalizzare le sedi, ma con lo sciopero di ieri i lavoratori e le lavoratrici della Comdata hanno dato un segnale forte e chiaro che non vogliono fare la fine di Omnia o Phonemedia, dove la scelta di accettare qualsiasi sacrificio da parte dei colleghi e delle colleghe non ha salvato alcun posto di lavoro… Il segnale, rumoroso forte e chiaro è sicuramente arrivato: lavoratori e lavoratrici vogliono il diritto a lavorare per vivere e non l’obbligo di vivere per lavorare, e questo diritto lo difenderanno e lo affermeranno con la lotta!

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